Da dazi e costo energia i rischi maggiori. Ridotti ambiti di manovra per il sostegno e rilancio dell’economia nazionale.
Addio sogni di gloria, si potrebbe dire, per il Governo Meloni di sfoggiare una crescita italiana superiore alla media italiana, complice la pesante crisi – recessione per il terzo anno consecutivo – della Germania e crisi politica francese: l’Ufficio parlamentare di bilancio taglia le previsioni della crescita italiana ben sotto l’1% per i prossimi tre anni.
Tre anni di crescita allo zero virgola, complici il caro-energia, l’incertezza globale legata alle due guerre cui s’aggiunge anche la possibilità di una guerra commerciale internazionale scatenata dai dazi degli Stati Uniti.
L’Ufficio parlamentare di bilancio – come già le grandi organizzazioni internazionali – ha corretto le previsioni e ricalcolato al ribasso l’andamento del Pil italiano nel triennio: nel 2024 la crescita italiana risulterà dello 0,7%, nel 2025 accelererà «in misura modesta» allo 0,8% e nel 2026 salirà allo 0,9%, ipotizzando però che non si acuiscano i conflitti e le guerre commerciali in corso, che prosegua la normalizzazione della politica monetaria e che non venga troppo modificato il profilo di spesa del Pnrr che arranca.
I numeri sono lontani dalle previsioni contenute nel Piano strutturale di bilancio presentato dal governo Meloni in autunno e che indicavano ritmi superiori all’1% per tutti e tre gli anni: +1% nel 2024, +1,2% nel 2025 e +1,1% nel 2026. Le cifre erano state allora convalidate dall’Autorità dei conti pubblici, ma in pochi mesi il quadro è molto cambiato.
«Il 2025 inizia con alcune novità a livello globale, in particolare sul cambiamento climatico e sugli equilibri geoeconomici, mentre si prospettano effetti avversi dalle nuove politiche protezionistiche dell’amministrazione degli Stati Uniti d’America, che potrebbero essere considerevoli», fa notare l’Upb. Le novità e le variabili quasi imprevedibili della presidenza Trump non possono che avere «un forte peso specifico su un’economia molto aperta agli scambi come quella italiana», afferma l’Upb, che sottolinea come l’incertezza pesi peraltro anche sui mercati valutari e delle materie prime.
La volatilità dei prezzi dell’energia, in particolare del gas, è uno dei primi fattori di rischio sotto osservazione. Una considerazione non indifferente riguarda anche il clima. «La tendenza al riscaldamento globale prosegue e ha implicazioni significative per l’economia», sottolineano gli economisti dell’Ufficio parlamentare di bilancio. La frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi aumentano, sospingono i prezzi, prevalentemente degli alimentari e dell’energia, e danneggiano il tessuto produttivo. Governi e operatori privati sono obbligati destinare risorse alla gestione e prevenzione delle emergenze, riducendo, di fatto, i margini di manovra per politiche economiche espansive.
Alla luce delle variabili considerate dall’Upb, le stime sul Pil si collocano sostanzialmente all’interno dell’intervallo delle previsioni formulate da altri analisti. Il Fondo monetario ha recentemente limato la stima sulla crescita italiana di quest’anno, portandola a +0,7% e facendola seguire da un +0,9% nel 2026. Secondo l’Ocse invece, il 2024 si è chiuso a un più modesto +0,5%, seguito da +0,9% quest’anno e +1,2% il prossimo. Bankitalia infine fissa le asticelle del triennio a +0,5%, +0,8% e +1,1%.
La sostanziale debolezza dell’economia italiana è testimoniata anche dagli indici Pmi elaborati da S&P Global. All’inizio del 2025 il settore manifatturiero italiano è rimasto in contrazione «con continui segnali di debolezza della domanda». Minima l’espansione del terziario, finora settore trainante della crescita, con il livello di ottimismo delle imprese crollato ai minimi in 15 mesi.
Un contesto di finanza pubblica estremamente delicato, specie per una realtà come l’Italia con un debito pubblico in continua crescita, già oltre la soglia dei 3.000 miliardi di euro.
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