Gli artigiani presenti nella provincia di Milano sono il triplo degli occupati che lavorano alle dipendenze del gruppo Stellantis in Italia. Se, infatti, la Città Metropolitana del capoluogo regionale lombardo può contare su poco più di 134.000 addetti nell’artigianato, la casa automobilistica, invece, dà lavoro a 43.000 persone distribuite su gran parte del territorio nazionale. Per trovare una provincia dove l’artigianato abbia lo stesso numero di addetti del principale gruppo manifatturiero del Paese, si deve andare a Genova o Varese secondo un confronto provocatorio realizzato dall’Ufficio studi della CGIA volto ad evidenziare come l’artigianato – che rappresenta uno dei pilastri del sistema economico nazionale – abbia una dimensione occupazionale nettamente superiore a quella riconducibile alla principale industria manifatturiera d’Italia.
A livello nazionale le imprese artigiane sono 1,24 milioni, gli addetti 2,8 milioni e nel 2022 il comparto ha generato un valore aggiunto di 143 miliardi (contro i 2,8 miliardi realizzati da Stellantis). Nonostante ciò, l’attenzione dei grandi media, dell’opinione pubblica e di buona parte della politica nazionale è quasi sempre rivolta ad analizzare l’andamento e i risultati del principale gruppo automobilistico e, più in generale, delle poche grandi imprese rimaste nel Paese. Sia chiaro: è una condotta in parte giustificabile. Tuttavia, andrebbe replicata più frequentemente anche nei riguardi delle piccole imprese e degli artigiani che costituiscono uno degli assi portanti del sistema produttivo e occupazionale nazionale che andrebbe meglio sostenuto e tutelato, magari alla stessa stregua del gruppo Stellantis presieduto da John Elkann.
Se si restringe il campo alla sola filiera dell’auto, elaborando così un confronto più “omogeneo” di quello realizzato più sopra, le imprese artigiane di questo settore ubicate in Italia sono poco più di 72.600 e gli addetti 389.000: nove volte in più dei dipendenti del Gruppo Stellantis che, alla fine del 2023, ammontavano a 43.000.
Certo, molte autofficine e altrettante carrozzerie fanno parte dell’indotto del Gruppo e senza la presenza di quest’ultimo non esisterebbero. Tuttavia, la stragrande maggioranza lavorerebbe lo stesso, anche in assenza della casa automobilistica presieduta da John Elkann, poiché sono autoriparatori indipendenti o legati commercialmente ad altri produttori. E con l’arrivo in grande forza dei produttori cinesi, il lavoro per i riparatori e manutentori è destinato a crescere.
E più che gettare altri 600 milioni nel sostegno alla vendita di auto elettriche o ibride ricaricabili che i consumatori non acquistano, il governo Meloni farebbe meglio ad indirizzare la stessa cifra verso la riconversione a GPL o Metano (carburanti già disponibili in versione bio) dei veicoli già circolanti, a favore dell’abbattimento delle emissioni inquinanti e del lavoro degli autoriparatori ed installatori artigiani specializzati.
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