Come nelle attese, la Bce taglia dello 0,25% i tassi sul credito portando il tasso ufficiale al 2%, taglio che si trasmette lentamente ad imprese e consumatori che fanno ancora i conti con il caro denaro.
Secondo la Fabi, Federazione autonoma dei bancari italiani, la riduzione del tasso medio Taeg sui mutui è stato meno di 150 punti base dal massimo di fine 2023, contro un taglio dei tassi Bce di 250 punti base complessivi, una “trasmissione lenta” delle mosse Bce all’economia reale da parte delle banche sul prestito-casa, col rischio di «avere effetti meno incisivi del previsto» a beneficio del tessuto economico.
Dal 4,5% di tasso ufficiale sui depositi a settembre 2023, la Bce è scesa oggi al 2% suggerendo che ora starà ferma in attesa di capire gli sviluppi negoziali sui dazi. Secondo la Fabi, il Taeg ha visto nello stesso periodo una riduzione sui mutui «di soli 118 punti base» passando dal 4,72% di ottobre 2023 al 3,54% di marzo. Il Codacons stima un calo più ampio, di 138 punti base passando dal 4,92% di novembre 2023 al 3,54% di marzo 2025.
Con il solo taglio di oggi varato dalla Bce il risparmio sulle tipologie di mutuo più diffuse varierebbe fra i 13 e i 30 euro al mese, pari a 156 euro e 324 euro in meno di spesa annua. Le stime della Fabi indicano che fra il 2022 e il 2024, l’ammontare complessivo dei mutui concessi alle famiglie italiane è cresciuto di soli 3,7 miliardi di euro, pari a una variazione di poco inferiore all’1%, contro una crescita complessiva dei prestiti erogati alle famiglie dell’1,9% da maggio 2024 a marzo 2025, 7,8 miliardi in più.
Per dare una spinta ai consumi delle famiglie ed investimenti delle imprese servirebbe «una regia politica che favorisca l’accesso al credito per le famiglie e per chi vuole investire nel proprio futuro e che coinvolga tutti i soggetti in campo: istituzioni, banche, imprese e parti sociali» afferma il segretario della Fabi, Lando Maria Sileoni.
Certo, se la Bce taglia i tassi, le banche vedono ridursi la leva dei fantastici utili miliardari registrati negli ultimi anni praticamente a rischio zero e ora tardano a trasmettere al mercato l’effetto della riduzione del costo del denaro, sostanzialmente abiurando al loro ruolo istituzionale di fare circolare il denaro tra risparmiatori ed investitori. Soprattutto, servirebbe ridurre massicciamente il costo del credito al consumo, ancora stazionante a quota tripla se non ancora più alta dell’attuale tasso di sconto Bce, che finisce con il rallentare gli acquisti di beni durevoli – su tutti l’acquisto di automobili –, rilanciando l’attività manifatturiera che in Italia langue da oltre due anni, e gli investimenti delle imprese in macchinari.
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