La crisi tedesca con l’industria sempre più in rosso spinge la Bce verso un nuovo taglio dei tassi, con un crollo degli ordini che restituisce il centro della scena ai rischi per la crescita, dopo che l’inflazione europea in risalita si era temporaneamente guadagnata i riflettori. Il differenziale fra i tassi Bce e quelli della Fed rischia così di allargarsi e spinge il cambio euro/dollaro oggi a 1,0273, a un passo da nuovi minimi di tre anni e in corsa verso la parità.
Gli ordini all’industria tedesca a novembre sono andati a picco a –5,4%, molto peggio del -0,2% atteso. Pesa la registrazione di alcune commesse di grosse dimensioni senza le quali sarebbe stato +0,2. Ma con un -1,7% su anno i numeri dicono che la recessione industriale in Germania va avanti per il terzo anno consecutivo. E che anche il 2024, come il 2023, potrebbe chiudersi in contrazione per la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina, amplificando così la crisi tedesca.
Numeri da allarme rosso per l’industria europea – anche quella italiana è in negativo da due anni – tanto che la Bce potrebbe scoprirsi in ritardo sul taglio dei tassi per dare ossigeno ad un’economia sempre più asfittica: nonostante la crescita dello 0,4% nel terzo trimestre nulla garantisce la tenuta dei servizi che finora hanno compensato la caduta della produzione industriale.
L’export, poi, è atteso al confronto con la “variabile Trump”. Una gragnuola di dichiarazioni quotidiane a favore dei dazi, con attacchi espliciti contro questo o quel Paese europeo che sta alimentando volatilità e incertezza nelle Borse mondiali. Sulle parole del presidente eletto Trump contro l’eolico crollano di oltre il 6% le società operanti nel settore come Siemens, Orsted, Vestas, in ciò anche complice l’esito di alcune aste per l’assegnazione delle autorizzazioni di nuovi campi eolici privi di sovvenzioni pubbliche in Danimarca andate deserte perché sarebbero antieconomiche con i prezzi di vendita dell’energia eolica prodotta nei momenti di picco che vanno in negativo per eccesso di offerta rispetto alla domanda.
La minaccia di dazi universali manda a picco Stellantis con un -4,38%. Vola, invece, la difesa – come Rheinmetall, +5% – sulle richieste di maggiore spesa militare di Trump ai partner Nato, che vorrebbe portarla dal 2% del Pil al 5%. Un antipasto del secondo mandato di Trump che potrebbe costringere la Bce ad essere più decisa nel ridurre i tassi. Sperando che l’inflazione risalita al 2,4% a dicembre sia stata solo una brutta parentesi, e che i prezzi energetici che l’hanno sospinta al rialzo non subiscano ulteriori impennate.
Per ora, le attese puntano decise su un nuovo taglio da un quarto di punto al meeting Bce del 30 gennaio e a quello di marzo. Più incerte le scommesse sui mesi successivi: la riduzione di un punto pieno rispetto al 3% attuale, fino a poche settimane fa attesa per giugno, è data soltanto a settembre in base ai tassi impliciti dei contratti swap.
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