La minaccia dei dazi e le tensioni geopolitiche rallentano la crescita dell’economia europea con la Commissione Ue che taglia le stime del Pil 2025 per l’Eurozona e per i singoli paesi.
Nelle stime di primavera, l’Italia è vista crescere appena dello 0,7% nel 2025, come nel 2024, e sotto quell’1% previsto appena a novembre scorso, visto che era prima del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e di annunci come i “dazi reciproci”, per ora sospesi.
L’Italia, secondo Palazzo Berlaymont, salirà poi allo 0,9% nel 2026. Si ridurrà gradualmente il deficit (dal 3,4% del Pil nel 2024 al 2,9% nel 2026), ma il debito salirà ancora per effetto del Superbonus 110% portandosi dal 135,3% dello scorso anno al 138,2% del Pil nel 2026.
Il contesto globale pesa sull’Europa intera. L’Ue taglia le stime del Pil 2025 allo 0,9% per l’Eurozona quest’anno (era +1,3% nelle stime di novembre) e all’1,4% nel 2026. Per l’Ue a 27 le stime sul Pil si fermano all’1,1% nel 2025 e all’1,5% il prossimo.
«I rischi sono orientati al ribasso», ha detto il commissario Ue all’Economia, Valdis Dombrovskis, secondo cui «servono azioni decisive per rafforzare la competitività», perché con un’escalation tariffaria «tutti perderebbero».
Dal direttore del dipartimento europeo del Fmi, Alfred Kammer, arriva l’invito ad evitare l’inasprimento del confronto commerciale. Secondo la Commissione Ue, tra l’altro, l’Italia è tra i Paesi Ue più esposti agli Stati Uniti tramite le catene globali del valore, soprattutto nei beni.
«I dazi commerciali statunitensi sono destinati a influenzare le esportazioni di beni, mentre si prevede che le importazioni continueranno a crescere grazie al rafforzamento della domanda interna» scrive l’Ue, con consumi sostenuti dalla crescita di occupazione e salari in ripresa.
Più in generale l’economia italiana sarà ancora sostenuta dalla domanda interna e dagli investimenti, in particolare con il Pnrr che accelera a stento ad un anno dalla sua scadenza. L’ipotesi della Commissione, da quanto si apprende a Bruxelles, sarebbe che i dazi Usa possano pesare per lo 0,25% del Pil a fine 2026.
Il rallentamento è però diffuso in Europa. Berlino è ferma al palo: dopo due anni di contrazione (-0,3% nel 2023, -0,2% nel 2024), il Pil tedesco resterà fermo quest’anno, crescendo solo dell’1,1% nel 2026. La Francia vedrà una crescita del Pil dello 0,6% quest’anno (+1,3% nel 2026). Secondo la Commissione, l’aumento dei dazi, visti nelle stime di primavera al 10% per gran parte dei beni europei importati negli Usa e fino al 25% su auto e acciaio, potrebbe incidere sulla crescita globale (-0,4% del Pil mondiale entro il 2026), riducendo il commercio internazionale del 2,9%. L’impatto stimato sull’Ue è comunque relativamente limitato (-0,2 punti percentuali cumulati sul biennio).
«L’Ue resta un posto stabile dove fare affari» ha detto Dombrovskis. «Un’escalation delle tensioni commerciali indebolirebbe ulteriormente la domanda esterna e aumenterebbe l’incertezza», ha però puntualizzato Kammer. Per l’Fmi le ripercussioni aggregate dei dazi sarebbero limitate, circa lo 0,25% del Pil Ue, forse «più pronunciate in determinati settori». «L’Europa dovrebbe evitare un’escalation tariffaria» – prosegue Kammer -. In un contesto di incertezza straordinariamente elevata, è importante non reagire in modo eccessivo».
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