Negozi di alimentari assenti in 425 comuni italiani

Indagine di Unioncamere. Il divario territoriale sui servizi essenziali penalizza gli anziani e incentiva lo spopolamento.

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La desertificazione dei servizi non interessa solo quelli bancari, ma si allarga anche ai negozi di alimenta, tanto che solo il 44% della popolazione italiana può accedere a un panificio entro 15 minuti, il 35% a una pescheria, il 60% a un fruttivendolo e il 61% a un supermercato. Sono alcuni dei dati forniti da Unioncamere nel corso dell’audizione sulla proposta di legge “Istituzione e disciplina delle zone del commercio nei centri storici” alla commissione Attività produttive della Camera.

I dati, elaborati dal Centro studi Tagliacarne nell’ambito del progettoUrban Pulse 15”, mostrano che in Italia esiste un serio problema di disuguaglianza territoriale nell’accesso ai beni essenziali, con implicazioni dirette per la popolazione anziana, le famiglie prive di automobile e le persone fragili.

In Italia, evidenzia Unioncamere, si contano 5.523 comuni con al massimo 5.000 residenti, per un totale di oltre 9,6 milioni di abitanti privi di negozi di alimentari. Tuttavia, l’accesso ai servizi commerciali essenziali risulta fortemente disomogeneo: la densità di unità locali del commercio al dettaglio nei piccoli comuni è di 9,24 ogni 1.000 abitanti, con un ritardo del 12,8% rispetto alla media nazionale; 206 comuni (di cui 205 con meno di 1.000 abitanti) non presentano alcun esercizio di commercio al dettaglio, coinvolgendo circa 51.200 persone; 425 comuni risultano privi di esercizi alimentari, con un impatto su quasi 170.000 abitanti; in 1.124 comuni è presente al massimo un’attività commerciale alimentare, coinvolgendo oltre 630.000 residenti. In tutti e tre questi ultimi casi, l’indice di vecchiaia è nettamente superiore rispetto alla media nazionale.

Condividendo gli obiettivi di preservazione e rigenerazione del tessuto commerciale nei centri storici, Unioncamere ha sottolineato nel corso dell’audizione la necessità che le nuove proposte «si integrino con l’esistente legislazione, evitando sovrapposizioni che potrebbero generare complessità e incoerenze». A questo scopo, «le Camere di commercio sono disponibili a supportare i comuni nella definizione degli elenchi delle zone commerciali sottoposte ad autorizzazione nonché nella definizione delle procedure di rilascio dell’autorizzazione, anche in considerazione del ruolo attribuito alle Camere di commercio nella gestione dello sportello unico per le attività produttive (SUAP)», ha sottolineato il vicesegretario generale di Unioncamere, Tiziana Pompei, che ha suggerito anche di orientare i finanziamenti previsti a progetti condivisi pubblico-privato e di estendere la misura a tutti i comuni, anche quelli con popolazione superiore ai 5.000 abitanti, prevedendo che il fondo possa sostenere interventi anche per recuperare i locali sfitti, situazione che interessa anche i quartieri periferici delle città.

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