Povertà: il 15% degli italiani è a rischio indigenza o esclusione sociale

Indagine del Centro studi Unimpresa sul lavoro povero.

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Nonostante la ripresa economica e il lieve miglioramento del mercato del lavoro, il disagio sociale in Italia resta su livelli allarmanti e riguarda circa il 15% della popolazione: il totale degli italiani a rischio povertà, indigenza o esclusione socialedisoccupati, precari, lavoratori sottoccupati o con contratti deboli – è rimasto sostanzialmente invariato: 8.550.000 persone, solo 2.000 in più rispetto all’anno precedente.

È il lavoro povero a crescere e ad alimentare l’area di disagio sociale, rimasta stabile nonostante la riduzione della disoccupazione secondo quanto emerge da un report del Centro studi di Unimpresa, che evidenzia come la componente dei disoccupati registra un miglioramento significativo: in totale, coloro che sono senza lavoro scendono da 1.947.000 del 2023 a 1.664.000 nel 2024, con una riduzione di 283.000 unità (-17%). In particolare, calano sensibilmente gli ex occupati (-21,5%) e le persone in cerca della prima occupazione (-9,8%).

Ma a fronte di questo calo della disoccupazione – resa statisticamente dal fatto che risulta occupato colui che lavora anche solo un’ora alla settimana -, cresce la quota di occupati in condizioni lavorative fragili. È il cosiddetto “lavoro povero”: chi ha un impiego, ma vive comunque in condizioni economiche precarie ovvero i “working poor”. Nel 2024, sono 6.886.000 gli italiani in questa condizione, 285.000 in più rispetto all’anno precedente (+4,1%). A trainare questa crescita sono soprattutto i contratti a termine a tempo pieno, saliti da 2.021.000 a 2.554.000 (+20,9%). In calo, invece, i contratti part time a termine (-20,1%) e quelli a tempo indeterminato ma part time involontario (-4,9%). Segno che aumenta il lavoroa scadenza”, ma anche che persiste un diffuso fenomeno di sottoccupazione, in particolare tra le donne.

Si osserva, inoltre, un leggero aumento delle collaborazioni (+10,8%) e una sostanziale stabilità tra i lavoratori autonomi part time. Entrambe categorie spesso escluse da tutele e con redditi altalenanti. Il dato più allarmante, però, è che – a fronte di dinamiche interne in evoluzione – la “platea del disagio socialeresta inchiodata sopra quota 8,5 milioni. Un’area che rappresenta una fascia di popolazione ampia e trasversale, in bilico tra occupazione e povertà, e che fotografa una fragilità strutturale del mercato del lavoro italiano.

«La fotografia che emerge è quella di un’Italia che si muove, ma resta ferma: meno disoccupati, più contratti, ma nessun passo avanti reale nella riduzione della povertà. È una fragilità strutturale – commenta il presidente onorario di Unimpresa, Paolo Longobardi -. Il rischio è che le riforme del lavoro e gli incentivi all’occupazione non bastino, se non si affronta con decisione il nodo dei salari bassi – da migliorare con un aumento della produttività delle imprese e una forte riduzione della pressione fiscale – della precarietà e della mancanza di protezione per milioni di lavoratori invisibili».

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