Una maggiore diffusione dell’auto elettrica è ritenuta essenziale per superare la scarsa remuneratività degli investimenti nell’infrastrutturazione dei punti di ricarica e lo scetticismo dei consumatori secondo una conclusione del centro di analisi e ricerche Ref in un rapporto sui punti di ricarica pubblici.
A livello europeo, alla fine del 2023 i punti di ricarica pubblici presenti erano 632.423. Secondo la Commissione europea, entro il 2030 dovrebbero essere operativi 3,5 milioni punti di ricarica pubblica per garantire un livello di elettrificazione dei veicoli necessario a raggiungere l’obiettivo del 55% di riduzione della CO2 dei veicoli leggeri.
Secondo lo studio di ACEA (European Automobile Manufacturers’ Association), per centrare l’obiettivo di elettrificazione della mobilità il numero di infrastrutture dovrà essere addirittura superiore: almeno pari a 8,8 milioni di punti di ricarica, per arrivare a 18,8 milioni entro il 2035.
Secondo gli ultimi dati di Motus-E pubblicati a gennaio 2025, in Italia si registra a settembre 2024 un aumento del 28% dei punti di ricarica pubblici installati rispetto a settembre 2023: al 30 settembre 2024, risultano presenti sul territorio 60.339 punti di ricarica, il doppio rispetto ai punti di ricarica presenti fino a due anni fa (32.776).
Le tipologie di infrastrutture di ricarica per l’auto elettrica sono per la stragrande maggioranza colonnine di tipo “Medium-Speed AC”, quelle con potenza compresa tra i 7,4 kW e oltre i 22 kW; parallelamente, continua la crescita delle colonnine di tipo “Fast DC” con potenza fino a 150 kW. La quota dei punti a corrente continua cresce con ritmi maggiori rispetto al 2022, così come la quota dei punti ultraveloci (con potenza superiore a 150 kW fino a 300 kW e oltre) cresce in termini assoluti: delle colonnine installate nell’ultimo anno, il 49% è di tipo veloce e ultraveloce. Tale soluzione, associata alla diffusione di colonnine urbane in bassa potenza, mira a soddisfare tutte le possibili esigenze degli automobilisti, sia in città che fuori.
Servono dunque più colonnine di ricarica, ma la remunerazione dell’investimento è ancora scarsa: «allo stato attuale, – scrive il Ref – escludendo un tasso di crescita annuo del fattore di utilizzo, il ritorno migliore ottenuto dall’analisi restituisce un IRR pari a 0 (tasso interno di rendimento) qualora si investisse in un’infrastruttura “Quick“: ciò significa che il progetto genera un flusso di cassa totale che è esattamente uguale all’investimento iniziale, senza però alcun rendimento del capitale investito. Affinché gli investimenti possano generare un flusso di cassa totale maggiore rispetto all’investimento iniziale è necessario modificare la percentuale del fattore di utilizzo annuo, ipotizzando una crescita media annua maggiore rispetto a quella attuale. Per le colonnine “Fast” ed “Ultra-fast” si ottiene un ritorno economico positivo, seppur non sufficientemente elevato, ipotizzando una crescita media annua del fattore di utilizzo pari al 15%. Per avere un ritorno economico più consistente, la crescita media dovrà raggiungere il 23-30% annuo».
Checché ne pensino i fautori dell’elettrificazione della mobilità – in verità sempre più tiepidi e dubbiosi – a rallentare la diffusione dell’auto elettrica, oltre al costo di acquisto del veicolo, alla sua rapida svalutazione, ai vincoli di utilizzo per la ridotta autonomia, c’è anche il costo del “pieno” elettrico presso i punti di ricarica pubblici, specie quelli ad alta e altissima potenza, gli unici che riescono a garantire il rifornimento in tempi accettabili, sempre ammesso di trovarli non già occupati e funzionanti. Quando in questi punti di rifornimento si paga l’elettricità a peso d’oro, ormai oltre l’euro al kWh, il costo d’uso dell’auto elettrica s’impenna, dalle due alle tre volte tanto rispetto ad un’automobile di pari caratteristiche ma mossa da un “tradizionale” motore termico a benzina e, soprattutto, a gasolio. Con quest’ultimo che, grazie ai nuovi carburanti di origine vegetale, riesce da subito ad abbattere fino al 90% le emissioni a pari costo rispetto al gasolio fossile senza la necessità di costruire alcunché di nuovo, come invece accade con l’elettrificazione della mobilità.
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