A oltre 10 anni dall’emersione dello scandalo “Dieselgate” delle emissioni truccate dei motori Diesel prodotti dal gruppo Volkswagen, la giustizia tedesca ha condannato quattro ex dirigenti della casa automobilistica tedesca a pene detentive fino a quattro anni e mezzo.
Dopo quattro anni di processo, il tribunale di Brunswick ha pronunciato due condanne definitive e due con sospensione della pena. L’ex capo del gruppo, Martin Winterkorn, è invece sotto processo in un procedimento penale separato, rinviato per motivi di salute, e rischia fino a 10 anni di reclusione.
Tutti i condannati dello scandalo “Dieselgate” potranno ricorrere in appello contro la sentenza di primo grado, emessa al termine di un processo iniziato nel settembre 2021. I quattro condannati di Brunswick erano accusati di “frode aggravata” in relazione allo scandalo mondiale scoppiato nel settembre 2015, quando Volkswagen ha ammesso di aver manipolato milioni di veicoli Diesel per eludere i test antinquinamento.
«Le autorità incaricate di certificare le auto non sono state informate che le emissioni erano molto più elevate in condizioni reali – ha dichiarato il presidente del tribunale, Christian Schütz, durante la lettura del verdetto -. È chiaro che ciò non era conforme alla legge». I quattro ex dirigenti del gruppo Volkswagen si uniscono all’ex amministratore delegato di Audi Rupert Stadler, il primo ad essere stato condannato in questo caso nel giugno 2023 a una pena detentiva sospesa e a una multa di 1,1 milioni di euro.
Il “Dieselgate”, uno dei più grandi scandali della storia industriale tedesca, ha macchiato la reputazione del primo costruttore automobilistico europeo, che ha ammesso di aver truccato 11 milioni delle sue auto Diesel per nascondere il livello reale delle loro emissioni al solo scopo di risparmiare sull’adeguamento dei dispositivi antinquinamento, poi adottati a scandalo emerso. Ad oggi, il gruppo tedesco, che possiede 10 marchi, ha pagato più di 32 miliardi di euro di multe, principalmente negli Stati Uniti, dove la norma tutela i consumatori assai meglio che in Europa. Si tratta del più grande caso di frode, che è costato ben oltre 100 miliardi di euro agli azionisti della Vw e ha causato un danno immenso.
A latere della condanna in Germania, si muove anche la Francia che alla fine dello scorso febbraio la procura di Parigi ha chiesto un processo contro Volkswagen, affermando che il costruttore può essere giudicato in Francia dopo essere già stato giudicato in Germania, nonostante le contestazioni del gruppo.
Non solo conseguenze economiche: lo scandalo “Dieselgate” ha dato la stura ai movimenti ambientalisti culminati nell’emanazione del “Green Deal” e della demonizzazione del motore termico a vantaggio di quello elettrico, quando ad essere colpevole del danno ambientale è stata l’ingordigia di pochi vertici del gruppo Volkswagen che hanno preferito scegliere una via truffaldina al rispetto delle norme tecniche ed ambientali, mentre il motore Diesel in sé ancora oggi è l’alternativa più valida ed efficiente per ridurre l’impatto ambientale della mobilità, specie se alimentato con i nuovi biocarburanti rinnovabili. Ma vallo a spiegare ai politici e burocrati di Bruxelles impregnati di ideologismo spinto per accorgersi della realtà e di capire di cose tecniche e scientifiche.
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