Mercato dell’auto Italia: a giugno nuovo crollo a -17,4%

Pesa il regime fiscale eccessivamente pesante gravante sull’auto in generale e in particolare su quella aziendale. Spostare i 600 milioni dal finanziamento di auto elettriche che il mercato non chiede per abbassare la tassazione generale del settore.

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Se qualcuno aveva sperato in una blanda tenuta al rialzo delle vendite, a giugno il mercato dell’auto Italia è tornato alla tragica realtà con un nuovo pesante crollo con l’immatricolazione di 132.191 autovetture, con un calo del 17,44% su giugno 2024. Questa forte contrazione è dovuta al fatto che nel giugno 2024 vi fu un balzo del 15% delle immatricolazioni dovuto esclusivamente agli acquisti di auto elettriche generati da incentivi pubblici che arrivavano fino ad un massino di 13.750 euro, incentivi messi a disposizione del pubblico a partire dal 3 giugno ed esauritisi nell’arco di un solo giorno. Al netto di questo effetto il dato di giugno 2024 sarebbe stato assai vicino a quello che si è registrato nel mese scorso.

Continua, dunque, la situazione di stagnazione emersa nel 2025 che caratterizza non solo il mercato italiano, ma anche quello dell’Unione europea che, come emerge dai dati resi noti il 25 giugno scorso dall’Acea, nei primi cinque mesi dell’anno ha fatto registrare 5.572.458 immatricolazioni con un incremento dello 0,1% sullo stesso periodo dell’anno scorso e che se dovesse protrarsi per l’intero 2025 porterebbe a un volume di immatricolazioni di circa 12.900.000 auto nell’intera Unione e di 1.550.000 in Italia con un calo sui livelli ante-crisi del 18% per l’intera Unione e del 18,7% per l’Italia.

Secondo il Centro studi Promotor, la sostanziale coerenza dell’andamento del mercato italiano con quello dell’intera Unione Europea deriva dal fatto che le ragioni che hanno portato al forte calo delle vendite di autovetture in Italia e nelle UE sono le stesse e vanno ricercate nella politica dell’Unione europea che, sola nel mondo, ha imposto a partire del 2035 la cessazione delle vendite di autovetture con motori a combustione interna. La vicenda è ben nota e gli effetti già verificatasi nel mercato dell’auto dell’Unione Europea sono disastrosi.

A questa situazione si aggiunge anche il fatto che nell’Unione, e in particolare in Italia, si registra una decisa crescita dell’età media delle auto in circolazione. E ciò perché i forti aumenti dei prezzi delle autovetture nuove hanno fatto sì che un numero crescente di automobilisti rinviasse la sostituzione della loro auto rispetto ai tempi medi ante-pandemia o sostituissero la loro auto non con un’auto nuova, come avrebbero fatto in tempi normali, ma con un usato più recente di quello che possedevano. E ciò con effetti fortemente negativi sia per la sicurezza della circolazione che per le emissioni nocive.

A ciò si aggiunge che la politica dell’Unione europea ha aperto la strada per la penetrazione nei paesi dell’Unione di auto importate dalla Cina e da altri paesi rendendo ancora più difficile la situazione dei produttori della UE già fortemente penalizzati dal calo delle vendite e dalle pesanti sanzioni stabilite dall’Unione Europea.

«La questione della riforma della politica dell’Unione europea – afferma Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – per l’auto ecologica è da tempo sul tappeto e, se non l’abbiamo già superato, stiamo per raggiungere il punto di non ritorno, con tutto quello che comporta per l’industria dell’auto europea e per milioni di lavoratori. Se vi fosse il cambiamento di cui si parla della maggioranza che governa l’Unione si potrebbero però aprire scenari nuovi».

La situazione del mercato dell’auto Italia rimane fortemente vincolata alle politiche d’immatricolazione delle case e dei concessionari che, secondo Massimo Artusi, presidente di Federauto, la Federazione dei concessionari auto, «negli ultimi tre giorni sono state prodotte quasi il 43% delle immatricolazioni totali e non certo per una corsa agli acquisti. La forte flessione delle immatricolazioni da parte dei privati, che ricordo essere il mercato di riferimento dei concessionari, ci porta ad esprimere preoccupazione perché le concessionarie, di fatto, si trovano ad operare rispetto a volumi previsionali virtuali, con stock che crescono e prezzi che si stanno dimostrando sempre meno sostenibili da parte del cliente medio che, sempre più di frequente, vira sul mercato dell’usato».

«Altra riflessione va dedicata agli acquisti da parte delle imprese che rifiutano la nuova normativa sul “fringe benefits”, il cui effetto è stato quello di comprimere il mercato, senza effetti nella direzione di un aumento di acquisti di auto elettriche – puntualizza Artusi -. Ci auguriamo che il Governo intervenga al più presto, rivisitando tutta la normativa della fiscalità sulle auto aziendali. Nel frattempo, il parco circolante italiano invecchia».

«Dopo i lievi cali di aprile e maggio, a giugno il mercato dell’auto Italia registra una pesante flessione a doppia cifra (-17,4%) – afferma Gianmarco Giorda, direttore generale di ANFIA -. Questo preoccupante risultato – in una fase già critica per il settore, stretto tra una domanda stagnante e bassi livelli di produzione – auspichiamo che un po’ di sostegno al mercato possa arrivare anche dagli annunciati nuovi incentivi per i veicoli a zero emissioni previsti dal Mase, con una dotazione pari a circa 600 milioni di euro e derivanti dalla rimodulazione di risorse finanziarie del PNRR destinate in origine all’installazione di colonnine di ricarica elettrica».

«Da anni UNRAE sottolinea che, senza una revisione strutturale della fiscalità delle flotte aziendali, l’Italia non potrà sostenere concretamente la transizione energetica – afferma Roberto Pietrantonio, presidente di UNRAE e di Mazda -. L’attuale trattamento fiscale è datato e penalizzante: ribadiamo la necessità di modulare detraibilità IVA e deducibilità dei costi in funzione delle emissioni di CO2 dei veicoli, e di ridurre a tre anni il periodo di ammortamento. La Delega fiscale in scadenza è un’occasione da non perdere: ci auguriamo che ne venga confermata la proroga al 31 dicembre 2026, già approvata in Commissione Finanze. Serve avviare subito un confronto operativo tra Istituzioni, Associazioni e attori economici coinvolti, che consenta valutazioni d’impatto fondate e trasparenti. La prospettiva è chiara: una fiscalità evoluta porterebbe a regime maggiori entrate per l’erario grazie a un mercato più vitale».

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