C’è un buco nel Pnrr: il Piano nazionale di ripresa e resilienza non è sufficiente a colmare il divario finanziario per le infrastrutture strategiche del Paese. Al 31 agosto 2024, il costo complessivo delle opere strategiche prioritarie è pari a 483 miliardi di euro, ma le risorse finanziarie disponibili ammontano a soli 343 miliardi, lasciando scoperto il 29% del totale, equivalente a 139,9 miliardi, quasi due terzi dell’intero ammontare del Pnrr.
Secondo un’analisi del Centro studi di Unimpresa, rispetto ad agosto 2023, il costo totale delle infrastrutture è aumentato di 35,6 miliardi (+7,9%). Questo incremento è dovuto principalmente all’aggiornamento progettuale e agli adeguamenti tariffari per far fronte all’aumento dei prezzi, che hanno inciso per 23,3 miliardi. Ulteriori 12,3 miliardi derivano dalla revisione dei costi delle tratte transfrontaliere delle linee ferroviarie Torino-Lione e Brennero, legati all’avanzamento delle procedure e agli adeguamenti economici richiesti.
«L’ammodernamento delle infrastrutture è una condizione imprescindibile per garantire al nostro Paese un sistema economico più competitivo e dinamico. I nostri dati – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara – mettono in luce non solo l’entità degli investimenti necessari, ma anche il ruolo strategico che queste opere rivestono per il futuro delle nostre aziende, in particolare per le piccole e medie imprese, che rappresentano il cuore pulsante dell’economia italiana. Colmare il divario finanziario di quasi 140 miliardi e accelerare i lavori in corso non è solo una necessità tecnica, ma una vera e propria urgenza politica oltre che economica»
Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, che ha rielaborato dati della Camera dei deputati, le ferrovie rappresentano la componente principale del piano, e la parte principale del buco del Pnrr, con un costo totale di 205,7 miliardi pari al 42,5% del totale, ma la disponibilità finanziaria per questo settore è di soli 129,6 miliardi, con un fabbisogno residuo di 76 miliardi.
Le strade e autostrade, che assorbono il 33,5% dei costi totali con 161,9 miliardi, mostrano un fabbisogno di 47,4 miliardi, considerando risorse disponibili pari a 114,5 miliardi. Anche i sistemi urbani, come metropolitane e tranvie, registrano un disavanzo significativo: a fronte di un costo totale di 59,5 miliardi le disponibilità ammontano a 51,3 miliardi, lasciando scoperti 8,2 miliardi.
Le opere di porti e interporti, con un costo complessivo di 18,8 miliardi, presentano una disponibilità di 15,1 miliardi, generando un fabbisogno di 3,7 miliardi, mentre il Ponte sullo Stretto, una delle opere più discusse e simboliche del piano, richiede 13,5 miliardi con risorse disponibili pari a 12 miliardi e un fabbisogno residuo di 1,5 miliardi.
Settori più piccoli come aeroporti e ciclovie mostrano anch’essi squilibri tra costi e risorse. Gli aeroporti, con costi di 4,6 miliardi, hanno una disponibilità di 4,2 miliardi e un fabbisogno di 0,4 miliardi, mentre le ciclovie, con costi di 2,6 miliardi, evidenziano un fabbisogno più critico di 2 miliardi, considerando una disponibilità di appena 0,6 miliardi. Alcuni settori registrano un bilancio più equilibrato, come il Mo.S.E. di Venezia, le infrastrutture idriche e quelle energetiche. Il Mo.S.E. finalizzato alla protezione della laguna veneziana, con un costo di 6,7 miliardi, ha risorse completamente coperte, così come le infrastrutture energetiche, mentre le infrastrutture idriche mostrano un fabbisogno minimo di 0,2 miliardi su un costo totale di 5 miliardi. Anche l’edilizia pubblica e altre infrastrutture presentano fabbisogni ridotti: 0,5 miliardi per l’edilizia pubblica su un costo totale di 2,1 miliardi e un leggero surplus di 0,01 miliardi per le altre infrastrutture con costi di 0,7 miliardi.
Del totale di 483 miliardi, il 40% (192 miliardi) è destinato a opere incluse nella programmazione Pnrr-Pnc o commissariate, mentre il restante 60% (291 miliardi) riguarda altre infrastrutture strategiche programmate dal 2001. Esistono criticità rilevanti: i tempi di realizzazione delle grandi opere superano spesso i 30 anni dall’avvio della progettazione all’ultimazione. I ritardi sono causati da iter progettuali complessi, frequenti modifiche normative, contenziosi e richieste di varianti provenienti dai territori interessati.
Le risorse finanziarie mostrano un quadro di disomogeneità a livello territoriale. Il Centro-Nord assorbe il 48% degli investimenti (231 miliardi), con una copertura finanziaria del 75%, mentre il Sud e le Isole, che ricevono il 37% delle risorse (181 miliardi), registrano una copertura del 67%. Gli interventi diffusi sul territorio assorbono i restanti 71 miliardi. Le opere inserite nella programmazione Pnrr-Pnc rappresentano una componente fondamentale, con un costo complessivo di 192 miliardi, di cui 82,7 miliardi sono lavori già contrattualizzati. Tuttavia, né il Pnrr né i commissariamenti sono riusciti a garantire il rispetto delle tempistiche previste.
In agguato c’è la ghigliottina del 30 giugno 2026 che, secondo le norme vigenti del Pnrr, prevede il completamento tassativo di tutte le opere finanziate, pena per le opere incomplete lo storno dei finanziamenti “ab origine”, con il risultato che un’opera pubblica non completata diventerebbe totalmente a carico delle finanze pubbliche nazionali. E con soli 18 mesi di tempo a disposizione e con moltissime opere a meno del 30% di avanzamento, questo scenario rischia di diventare una concreta realtà.
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