Ancora una volta la cattiva politica viene sgamata e una volta scoperta va di matto nel tentativo di negare l’evidenza contenuta in norme già approvate, come testimonia la fatua tempesta politica sul previsto allungamento dell’età pensionabile di tre mesi a partire dal 2027 per adeguare il sistema previdenziale al previsto allungamento dell’aspettativa media in vita dei pensionandi.
Fa specie che molti esponenti di governo, a partire dalla Lega Salvini, siano insorti contro lo schema pubblicato dal portale Inps innescando una tempesta che ha portato prima alla sospensione e poi all’annullamento del provvedimento che modificava i parametri di accesso alla pensione, con tanto di rodomontesca affermazione che le «norme attuali saranno cambiate», evidenziando una profonda ignoranza delle norme vigenti.
L’adeguamento dell’età pensionabile, con un aumento di tre mesi a partire dal 2027, è già deciso dalla Ragioneria generale dello Stato. In un documento di giugno 2024, c’è scritto che «qualora il livello della speranza di vita a 65 anni per l’anno 2023, registrato sulla base dei dati provvisori, fosse confermato sulla base dei dati definitivi e dal 2024 si considerasse il livello del 2023 incrementato in termini differenziali sulla base delle dinamiche sottese alle previsioni demografiche Istat base 2022, l’adeguamento previsto con decorrenza 2027 risulterebbe di tre mesi. Con la medesima metodologia si avrebbe l’aggiornamento dell’adeguamento con decorrenza 2029 che parimenti risulterebbe di tre mesi (anziché un mese)».
Il Centro studi di Unimpresa, alla luce della querelle politica sorta dopo che l’Inps aveva modificato i parametri per l’accesso alla pensione, fa luce sulla situazione. Le tabelle già individuate dalle precedenti riforme stabiliscono i requisiti futuri e i relativi adeguamenti, che ovviamente andranno confermati di volta in volta sulla base dei dati Istat.
Allo stato, è previsto che nel 2067 l’età minima per la pensione di vecchiaia diventi 70 anni e si arrivi a 70 anni e 8 mesi nel 2084.
«La sostenibilità del sistema previdenziale è un obiettivo fondamentale per garantire un futuro solido alle generazioni che verranno. Tuttavia, la gestione della spesa previdenziale deve essere affrontata con equilibrio, tenendo conto non solo delle esigenze di bilancio dello Stato, ma anche della necessità di tutelare i diritti acquisiti e di offrire certezze ai lavoratori e ai pensionati – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara -. Adeguare l’età pensionabile alle dinamiche demografiche è un passo inevitabile, ma deve essere accompagnato da politiche mirate che favoriscano il ricambio generazionale nel mercato del lavoro e la crescita economica».
L’adeguamento dell’età di pensionamento e dei contributi necessari alla pensione anticipata è stato introdotto con il decreto legge 78/2010, con lo stesso provvedimento che introdusse la finestra mobile di 12 mesi per i dipendenti e di 18 per gli autonomi che di fatto rappresentava un aumento dell’età pensionabile per i dipendenti uomini da 65 a 66 anni. Si stabiliva che l’adeguamento della speranza di vita a 65 anni avrebbe dovuto essere triennale «con decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero del lavoro da emanare almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento».
Nel 2012 con la legge Fornero la finestra mobile di 12 mesi si trasforma in un aumento formale dell’età pensionabile e la pensione di vecchiaia si matura al compimento dei 66 anni (per le donne del privato a 62 anni, si raggiungerà la stessa età degli uomini nel 2018 a 66 anni e sette mesi).
Nel 2013 arriva il primo scatto di tre mesi e la pensione per gli uomini scatta a 66 anni e tre mesi. Lo scatto successivo è nel 2016 ed è di quattro mesi portando l’età a 66 anni e sette mesi. Nel 2019 l’ultimo scatto è con cinque mesi in più e si raggiungono i 67 anni. In questi anni viene aumentato anche il numero di anni di contributi necessari alla pensione anticipata, passati per gli uomini dai 42 anni e 1 mese nel 2012 a 42 e 5 mesi nel 2013, a 42 e 6 nel 2014 fino ad arrivare a 42 anni e 10 mesi nel 2016.
Nel 2019 si evita con una legge l’aumento di 5 mesi previsto per la vecchiaia, ma si introduce la finestra mobile di tre mesi. Sempre nel 2019 si introduce “Quota 100” che consente a chi ha 62 anni di età e 38 di contributi di andare in pensione anticipata. Nel 2022 l’età minima con 38 anni di contributi per la pensione anticipata sale a 64 anni, mentre nel 2023 arriva “Quota 103” con un’età minima di 62 anni e 41 di contributi.
Nel 2024 si inaspriscono ancora le regole sul pensionamento, con il passaggio al calcolo contributivo per chi sceglie la pensione anticipata con ”Quota 103”. Nel 2027 è atteso il prossimo passaggio legato all’aspettativa di vita dato che per il 2025 la variazione è stata nulla visto che l’Istat nel biennio di riferimento ha registrato un calo della speranza di vita di un mese che si è aggiunto al calo di tre mesi registrato nel biennio precedente il 2023, complici gli effetti del Covid.
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