Terzo mandato: il divieto è «principio elettorale fondamentale»

Pubblicate le motivazioni della Consulta sulla bocciatura della legge della Campania. Lunedì il governo Meloni dovrebbe impugnare anche la legge del Trentino. Protesta dei salviniani.

248
terzo mandato
I presidenti di Trentino (Maurizio Fugatti), Campania (Vincenzo De Luca) e Veneto (Luca Zaia).

Il divieto di un terzo mandato consecutivo per il presidente della Giunta regionale rappresenta un «principio fondamentale della materia elettorale» sancito dall’articolo 122, primo comma, della Costituzione secondo le motivazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale con cui lo scorso 9 aprile ha dichiarato incostituzionale la legge della regione Campania, fissando lo stop alla ricandidatura a governatore del presidente Vincenzo De Luca e, per analogia, anche di quelle della regione Veneto, Luca Zaia.

Nella sentenza, la Corte Costituzionale aggiunge che il divieto imposto dallo Stato «costituisce l’espressione di una scelta discrezionale del legislatore volta a bilanciare contrapposti principi e a fungere da “temperamento di sistema” rispetto all’elezione diretta del vertice monocratico, cui fa da “ponderato contraltare”» e «né il divieto posto dal legislatore statale può considerarsi costituzionalmente illegittimo perché attinente alla forma di governo, rimessa dall’articolo 123, primo comma, della Costituzione all’autonomia statutaria delle regioni ordinarie».

Sul punto, i giudici aggiungono che il divieto, per le regioni a statuto ordinario, è subito operativo e per essere applicato non necessita di alcuna apposita normativa delle singole regioni, perché si tratta di una previsione in materia di elettorato passivo di competenza del legislatore statale. «La nozione di forma di governo – afferma la Consulta – è ristretta alla immediata definizione dei rapporti tra gli organi politici della regione, dalla quale esula la materia elettorale in senso lato, ricomprensiva del regime delle limitazioni al diritto di elettorato passivo».

Per i giudici costituzionali, in via generale, «l’obbligatorietà di un principio fondamentale e la sua applicazione non possono essere condizionate dal suo espresso recepimento da parte delle leggi regionali». Sempre in via generale «anche a norme che hanno un contenuto specifico e puntuale può essere riconosciuta la natura di principio fondamentale».

In sostanza, il divieto del terzo mandato ha questa “natura” perché «come è generalmente proprio di tutti i divieti, esprime un precetto in sé specifico, che per essere applicabile non necessita di alcuna integrazione da parte del legislatore regionale, al quale, pur tuttavia, restano degli spazi “interstiziali” di regolazione». Tuttavia «è stato lo stesso legislatore statale – prosegue la Corte – ad avere ancorato l’applicazione del principio alla legislazione regionale che in qualche modo si colleghi all’elezione diretta del presidente della giunta regionale: le regioni ordinarie intervenute, quindi, in materia elettorale dopo l’entrata in vigore della legge numero 165 del 2004 non possono, a pena di illegittimità costituzionale, violare il principio in esame, che è ormai parte integrante dei rispettivi ordinamenti».

Per quanto riguarda il caso Campania il divieto «è divenuto operativo con l’entrata in vigore della legge della Regione numero 4 del 2009, ossia con la legge elettorale, la quale non solo non reca alcuna disposizione che a esso illegittimamente deroghi, ma contiene un rinvio, “in quanto compatibili con la presente legge, le altre disposizioni statali o regionali, anche di natura regolamentare, vigenti in materia”».

Il contenuto della sentenza è rimasto indigesto ai salviniani: «ora i Veneti sanno precisamente perché non possono essere ancora governati dal presidente di regione più stimato ed apprezzato d’Italia. La ragione è che per garantire un “temperamento di sistema” serve un “ponderato controaltare”. Questo dice la Consulta, ovvero la legge, in Italia. In buona sostanza, se un presidente, come nel caso di Luca Zaia, è troppo bravo o se i suoi cittadini hanno troppa fiducia in lui, si può governare al massimo per due mandati consecutivi. È il mondo al contrario, praticamente» dichiara Alberto Villanova, capogruppo di Lega-Liga veneta in Regione dopo la lettura delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale

Eppure, continua Villanova in Italia «avremo bisogno di più amministratori capaci per gestire meglio le risorse pubbliche. E avremo pure bisogno di esponenti che attirano gli elettori, per fermare l’astensionismo delle urne. Scopriamo oggi, invece, che c’è un principio fondamentale, in materia elettorale, per fare esattamente il contrario di quello che andrebbe fatto. Risultato: il merito ha una scadenza e il sostegno democratico vale per un determinato periodo. Ovviamente questi principi non si applicano per i parlamentari, anzi». Cosa, quella che riguarda i parlamentari, potrebbe mettere rimedio la possibile riforma della legge elettorale, a partire dal superamento dell’obbrobrio liste bloccate che fino ad oggi hanno consentito proprio alle segreterie di partito e ai cacicchi locali di fare eleggere personaggi premiati più per la fedeltà a prescindere verso i vari ras che per la loro competenza ed esperienza professionale. Con i risultati sotto gli occhi di tutti.

Lunedì 19 maggio il governo Meloni potrebbe decidere di proporre ricorso alla Corte costituzionale anche verso la legge della provincia di Trento che nelle scorse settimane ha fatto approvare a maggioranza una leggina che sdogana il terzo mandato per il presidente in carica espressione dei salviniani, Maurizio Fugatti, che legge la sentenza della Corte costituzionale a suo vantaggio: «qualcuno, anche in Trentino, ha voluto leggere solo parzialmente la sentenza della Corte costituzionale sulla Campania. Quella sentenza infatti non comprende le autonomie speciali. Ci sono dentro sei righe molto chiare dove si dice che le autonomie speciali – non solo il Trentino – non sono interessate da quella sentenza in questa fase».

Sorvolando sul fatto che Fugatti, non profondo conoscitore delle questioni in punta di diritto, la stessa sentenza argomentando come il divieto di terzo mandato sia definitoprincipio elettorale fondamentale” e come lo stesso presidente della Corte Amoroso avesse affermato che tale principio vale per tutte le realtà, regioni autonome comprese, su cui la Corte avrebbe potuto pronunciarsi se la Consulta ne fosse stata richiesta. Richiesta che potrebbe arrivare dal Consiglio dei ministri, dove Fratelli d’Italia e Forza Italia paiono decisi ad impugnare la legge del Trentino dinanzi alla Corte.

Sarà una decisione politica, ovvio, lo riconosce lo stesso Fugatti, che si prepara alla difesa del fortino e, probabilmente, a rendere la pariglia soprattutto a Fratelli d’Italia che in Trentino ha subito il colpo più forte proprio sull’approvazione del terzo mandato, con la sua rappresentanza dimezzata di secco da 4 a 2 consiglieri proprio grazie all’operazione acquisto di consenso condotta dai salviniani di Fugatti con la stampella degli autonomisti.

E a rafforzare l’intenzione del governo Meloni a proporre ricorso contro la legge dell’autonomo trentino, c’è anche il parere del presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, secondo cui il principio, oltre che per le regioni ordinarie, apre la porta all’impugnazione delle leggi elettorali delle regioni autonome che prevedano il terzo mandato per i presidenti, affermando che «il limite ai mandati dovrebbe essere generalizzato, non legato ai territori, in virtù di una esigenza di omogeneità di previsioni nelle leggi elettorali, quindi andrebbe esteso anche alle regioni a statuto speciale».

E se terzo mandato dovesse essere, secondo Mirabelli, questo dovrebbe dipendere da una legge dello Stato, che andrebbe modificata, anche se questa «può essere sindacata dalla Corte se irragionevole. Perché è la ragionevolezza – sottolinea Mirabelli – il punto di equilibrio del limite ai mandati individuato dalla Corte, reputato dai giudici costituzionali un elemento rilevante e necessario per la stessa democraticità», aggiungendo «attenzione ai presidenzialismi. Non facciamo un presidente a vita democratico, ce ne è già in giro più d’uno… La legge vuole il ricambio nelle istituzioni, essenziale per non alterare la rappresentanza politica e la parità di condizioni nella competizione elettorale».

Per rimanere sempre aggiornati con le ultime notizie di “Dario d’Italia”, iscrivetevi al canale Telegram per non perdere i lanci e consultate i canali social della Testata. 

Telegram

https://t.me/diarioditalia

Linkedin

https://www.linkedin.com/company/diarioditalia

Facebook

https://www.facebook.com/diarioditalia

© Riproduzione Riservata