Prestazioni sanitarie: il 7,6% della popolazione vi rinuncia

Fenomeno in crescita negli anni che interessa 4,6 milioni di italiani, soprattutto per motivi economici e tempi d'attesa lunghi.

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Nel 2023 circa 4,5 milioni di persone hanno rinunciato a prestazioni sanitarie per problemi economici, problemi di offerta (lunghe liste di attesa) o difficoltà a raggiungere i luoghi di erogazione del servizio. Si tratta del 7,6% della popolazione italiana, contro il 7% del 2022 e al 6,3% del 2019, anno pre-pandemico secondo i risultati di una ricerca del Cnel, che rilancia in una nota alcuni contenuti della Relazione 2024 sui servizi pubblici pubblicata lo scorso ottobre.

«Vi è stata – afferma il Cnel – una tendenza al peggioramento, a prescindere dall’eccezionalità del 2021, quando le conseguenze legate al Covid-19 fecero incrementare il valore fino all’11%».

La quota di cittadini che ha rinunciato a visite mediche (escluse odontoiatriche) o ad accertamenti sanitari è massima nella fascia di età 55-59 anni (11,1%), è più bassa ma comunque elevata tra gli anziani di 75 anni e più (9,8%) e minima tra i bambini fino ai 13 anni (1,3%). Emerge poi uno svantaggio delle donne, con il 9% contro il 6,2% degli uomini.

La quota più alta di rinuncia alle prestazioni sanitarie si registra al Centro (8,8%), mentre nel Mezzogiorno è pari al 7,7% e al Nord al 7,1%. Il dato peggiore è in Sardegna con un valore pari al 13,7%, seguita dal Lazio (10,5%) e dalle Marche (9,7%). All’opposto si collocano il Friuli Venezia Giulia, Alto Adige, Trentino, Emilia Romagna, Toscana e Campania con valori inferiori al 6%.

Le rinunce alle prestazioni sanitarie per motivi economici sono rimaste sostanzialmente stabili tra 2019 (4,3%) e 2023 (4,2%) e sono passate in secondo piano negli anni del Covid-19 (circa 2,9%). Invece sono aumentate in maniera significativa le rinunce dovute alle lunghe liste di attesa, passate negli stessi anni dal 2,8% nel 2019, al 3,8% nel 2022 e al 4,5% nel 2023. Queste dinamiche sono influenzate dall’esperienza del Covid-19, che ha costituito una barriera all’accesso ai servizi sanitari sia nel 2020 (il 4,9% della popolazione ha dichiarato almeno una rinuncia per tale motivo), che nel 2021 (5,9%) e le cui conseguenze sono scemate nel 2022 (1,2%) e si sono esaurite nel 2023 (0,1%).

 

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