Case popolari cercansi, con oltre 300.000 famiglie in lista d’attesa spesso per colpa dei sindaci, visto che gran parte del patrimonio immobiliare pubblico è di proprietà comunale. Sono 319.000, in Italia i nuclei familiari in attesa di un alloggio popolare, con una media di 12,6 richieste inevase ogni 1.000 nuclei familiari.
E, considerando che oltre la metà dell’edilizia residenziale pubblica è gestita da comuni, la responsabilità del deficit di abitazioni popolari ricade gioco-forza sulle amministrazioni cittadine.
Uno studio del Centro studi di Unimpresa evidenzia come i comuni italiani detengono la maggioranza degli immobili di edilizia residenziale pubblica. Si tratta di immobili quasi sempre vecchi, visto che quasi la metà del patrimonio di edilizia residenziale pubblica italiana, pari a 752.217 abitazioni, è stata costruita prima del 1980, con una concentrazione maggiore tra gli anni Ottanta, il periodo di massima espansione, quando sono state realizzate 188.000 unità. Dopo il 2010, la costruzione di nuove abitazioni è crollata al 2,2% del totale, segno della drastica riduzione degli investimenti pubblici.
«Il divario tra Nord e Sud è evidente, con le regioni meridionali che mostrano una pressione maggiore in termini di richieste, anche a causa di un accumulo storico di domande non soddisfatte – commenta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara -. Il Sud ha beneficiato di una significativa spinta edilizia negli anni Ottanta, ma la vetustà del patrimonio rimane critica, soprattutto nelle zone rurali e nelle periferie urbane. Le città ospitano il 26% degli alloggi popolari, ma il degrado interessa tutte le aree geografiche. La concentrazione nelle mani comunali evidenzia il peso che grava sugli enti locali, spesso privi di risorse adeguate alla manutenzione e la gestione di un patrimonio immobiliare sempre più datato».
Secondo lo studio di Unimpresa, che ha rielaborato dati della Corte dei conti, l’analisi dei dati relativi alla domanda inevasa di case popolari evidenzia significative disparità territoriali e amministrative in Italia. Complessivamente, sono state registrate 319.329 richieste giacenti, con un’incidenza media di 12,6 domande ogni 1.000 nuclei familiari residenti. La Lombardia guida questa classifica con 67.176 domande inevase, pari a 15,9 richieste ogni 1.000 famiglie, seguita dalla Sicilia con 37.278 richieste e un’incidenza di 18,5, e dall’Emilia Romagna con 29.462 domande, equivalente a 15,0 ogni 1.000 nuclei. L’Alto Adige rappresenta il caso più estremo in proporzione alla popolazione, con 4.801 domande inevase, ma un’incidenza di ben 22,4 richieste ogni 1.000 famiglie. Anche Friuli Venezia Giulia e Toscana mostrano una pressione rilevante, rispettivamente con 9.231 domande inevase (16,9 ogni 1.000 nuclei) e 25.974 richieste (16,0 ogni 1.000 famiglie).
Sul lato opposto, la Valle d’Aosta e il Molise registrano i numeri più contenuti, con appena 165 domande inevase nella prima e un’incidenza di 2,7 ogni 1.000 famiglie, mentre il Molise si ferma a 562 richieste inevase e un’incidenza di 4,3. Dati contenuti emergono anche da regioni come l’Abruzzo, con 1.933 richieste (3,5 ogni 1.000 famiglie), e il Veneto, che presenta un’incidenza di 8,6 domande su 1.000 nuclei familiari per un totale di 17.078 richieste inevase.
Il Sud, complessivamente, mostra numeri più elevati non solo in termini assoluti ma anche proporzionalmente alla popolazione, con regioni come Calabria e Basilicata che registrano rispettivamente un’incidenza di 13,8 e 16,6 richieste ogni 1.000 famiglie. Il divario tra Nord e Sud evidenzia una maggiore pressione sulla domanda inevasa nelle regioni meridionali e insulari, spesso frutto di anni di mancata risposta istituzionale a una crescente esigenza abitativa.

Il sistema italiano delle case popolari è fortemente concentrato nelle mani degli enti locali, con i comuni che possiedono 401.808 immobili, pari al 53,4% del patrimonio totale, e gli enti territoriali per l’ERP che gestiscono 318.656 abitazioni, corrispondenti al 42,4%. Questi due soggetti amministrano insieme oltre il 95% delle abitazioni ERP, lasciando una quota marginale agli altri enti pubblici. Tra questi ultimi, gli enti previdenziali detengono 8.289 unità, pari all’1,1% del totale, seguiti dai ministeri e dalla Presidenza del Consiglio con 7.368 immobili, equivalenti all’1%. Altri soggetti, come le aziende di servizi alla persona e le amministrazioni centrali, contribuiscono con quote trascurabili: rispettivamente 4.697 unità (0,6%) e 886 immobili (0,1%). Alcuni enti, come le Agenzie Fiscali o l’Automobile Club d’Italia, risultano proprietari di meno di 20 immobili ciascuno, un dato che evidenzia la marginalità di tali soggetti.
La forte concentrazione nelle mani comunali pone importanti interrogativi sulla capacità di gestione di un patrimonio così vasto, spesso in condizioni critiche, da parte di amministrazioni locali che dispongono di risorse limitate. I comuni sono chiamati non solo a rispondere alla crescente domanda di case popolari, ma anche a garantire la manutenzione di un patrimonio immobiliare spesso vetusto, mentre il ruolo residuale di altri enti pubblici solleva dubbi sulla possibilità di una più equa distribuzione delle responsabilità e delle risorse. In un contesto di crescente bisogno abitativo, è chiaro che il sistema di edilizia residenziale pubblica necessita di una riorganizzazione che coinvolga maggiormente altri livelli istituzionali, evitando di sovraccaricare esclusivamente gli enti locali.

Il patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica, composto da 752.217 abitazioni, mostra una distribuzione temporale che riflette le politiche abitative del passato e le carenze degli investimenti più recenti. Ben il 47,4% degli immobili è stato costruito prima del 1980, segno di un patrimonio spesso vecchio e poco efficiente. Il periodo di maggiore espansione si registra tra il 1981 e il 1990, con 188.007 unità realizzate, pari al 25% del totale, seguito dal decennio 1946-1960 con 117.057 abitazioni (15,6%) e dagli anni 1971-1980 con 110.489 unità (14,7%). Dopo gli anni Novanta, la costruzione di nuove abitazioni è crollata: nel decennio 1991-2000 sono state realizzate 62.323 unità (8,3%), mentre dal 2001 al 2010 il numero scende ulteriormente a 51.974 unità (6,9%). Dopo il 2010, gli investimenti pubblici nel settore dell’edilizia residenziale pubblica hanno prodotto appena 16.482 nuove abitazioni, pari al 2,2% del totale.
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